L’ansia, in quanto meccanismo fisiologico e positivo di attivazione, permette di rendere al meglio in tutte quelle situazioni che richiedono maggiore concentrazione e impegno.
Essa è utile al raggiungimento di un obiettivo, ma se gestita nella maniera sbagliata, può attivare un meccanismo di auto sabotaggio. Questo non permette di affrontare in modo adeguato i compiti assegnati o di raggiungere gli standard prefissati.
Definizione e sintomi dell’ansia da prestazione
L’ansia da prestazione consiste nel timore, nella preoccupazione eccessiva e sproporzionata per una situazione futura, in cui è richiesta una certa performance.
Il soggetto anticipa tale situazione prefigurandosi esiti catastrofici: teme di essere valutato negativamente, di risultare impacciato, inadeguato e di fallire.
L’ansia da prestazione è accompagnata da una serie di sintomi quali stress, irritabilità e insonnia che aumentano in prossimità della “prova”.
A livello soggettivo vengono vissute sensazioni fisiologiche spiacevoli, pensieri negativi, senso di inadeguatezza e impotenza. A livello corporeo si possono manifestare tremori, palpitazioni, sudorazione eccessiva, tensioni muscolari e rossori. Infine a livello comportamentale la gestualità e la mimica appaiono impacciate, grossolane e indecise.
Ansia normale e ansia patologica da prestazione
Ciò che differenzia in generale l’ansia da prestazione da altre forme di ansia è l’importanza che viene attribuita da chi ne soffre al contesto ambientale. E, ancor di più, al concetto di prestazione.
Il risultato di una prova è esclusivamente percepito in relazione al giudizio dell’altro, che per la persona con ansia da prestazione deve essere necessariamente e completamente positivo. Un minimo allontanamento da questo ideale di perfezione viene percepito in modo eccessivamente negativo.
Fattori di rischio e prognosi
Fattori temperamentali, ambientali, genetici e fisiologici rappresentano tutti possibili fattori di rischio. In particolare tra i fattori temperamentali l’inibizione comportamentale e la paura della valutazione negativa costituiscono spesso tratti sottostanti al disturbo d’ansia da prestazione.
Errori cognitivi
Molte idee irrazionali possono alimentare questo modello, che possono essere riassunte nella massima: “se non raggiungo la perfezione, non avrò successo e per questo sarò rifiutato dagli altri”. Questa visione così rigida coinvolge tutta la persona, perciò basta un solo errore per far precipitare l’autostima e generare, di conseguenza, un profondo malessere.
Aspettative catastrofiche
Nel vivere certe esperienze, la persona che soffre di ansia da prestazione si aspetta il fallimento, in qualche modo lo prevede. È ovvio che, con tale premessa, i comportamenti non possano essere vissuti in modo naturale e piacevole ma risulteranno, anche per lo stesso individuo, inadeguati e innaturali.
Focalizzazione dell’attenzione sul risultato – un circolo vizioso
L’attenzione non viene più posta sull’effetto dei propri comportamenti, ma sulle modalità dell’agire. Il “come” prevale sul “cosa”, e la “riuscita” dell’azione sul “gusto” di portarla avanti.
Le emozioni, i comportamenti e le convinzioni che ne seguono vanno automaticamente tutti nella direzione dell’insuccesso e le probabilità che esso si verifichi sono oggettivamente molto alte. Ciò conferma le convinzioni errate di partenza dell’individuo, andando a innescare un circolo vizioso difficile da interrompere.
L’ansia da prestazione cresce sempre di più, le aspettative della persona aumentano, rendendola ancora più esigente e sensibile a ogni più piccolo segnale di insuccesso.
Ripercussioni sociali e lavorative
Le situazioni sociali in cui compare l’ansia da prestazione sono molteplici e possono racchiudere diversi ambiti della nostra vita: scolastico, sportivo, lavorativo, sessuale e relazionale.
L’ansia da prestazione scolastica, lavorativa e sportiva può compromettere seriamente il rendimento finale fino a danneggiare, in alcuni casi, i progetti di vita dell’individuo.
In ambito relazionale l’eccessiva tendenza a cercare di far sempre bella figura davanti agli altri, per essere accettati e riconosciuti, può nascondere il timore di non essere all’altezza delle situazioni e da questo dipende la propria autostima. Tanto più è importante il riconoscimento sociale, tanto più il non ottenerlo o il non percepirlo genera malessere, e come conseguenza, un possibile ritiro sociale finalizzato a evitare il fallimento.
Ansia da prestazione e disturbi psicologici
In tutti questi casi, se non trattata adeguatamente, l’ansia da prestazione può dare origine a patologie più gravi come ansia generalizzata, attacchi di panico, fobia sociale.
L’ansia da prestazione in ambito sessuale colpisce sia uomini che donne. Essi attribuiscono alla prestazione una forte valenza, il desiderio di essere sempre all’altezza e la paura di deludere l’altro. Questi atteggiamenti impediscono di vivere con serenità l’esperienza sessuale. Portano così come possibile conseguenza un calo del desiderio o una difficoltà nell’ottenere o mantenere l’erezione (nell’uomo) e nel raggiungere l’orgasmo (nella donna).
A causa del significato che attribuiscono al rapporto sessuale, i soggetti colpiti da uno stato d’ansia da prestazione cominciano a vivere la sessualità con crescente timore, senza naturalezza. Tanto che a lungo andare questo stato di tensione può compromettere non solo il rapporto di coppia, ma anche il modo in cui ognuno percepisce l’altro sesso.
In certi casi, l’ansia da prestazione sessuale, può sfociare in veri e propri disturbi psicologici: difficoltà nell’eccitamento, disfunzioni erettili, eiaculazione precoce, anorgasmia, dispareunia, etc.
Cura dell’ansia da prestazione
Tutte queste difficoltà possono essere trattate con successo rivolgendosi a specialisti psicoterapeuti/sessuologi. Questi, affrontando le difficoltà che stanno alla base dell’ansia, possono aiutare a ridimensionare le paure e ad accettare la possibilità di essere accettati socialmente anche se non “perfetti”.
Terapia cognitivo comportamentale
La psicoterapia cognitivo-comportamentale ha come obiettivo il raggiungimento di un adeguato adattamento dell’individuo all’ambiente mediante tecniche comportamentali e tecniche di ristrutturazione cognitiva.
Sul piano cognitivo, la terapia cognitivo-comportamentale, prevede un lavoro sulle aspettative e sugli schemi cognitivi disfunzionali e la conseguente ristrutturazione.
Sul piano comportamentale prevede l’esposizione graduale in vivo o per immaginazione al fine di contrastare l’evitamento e generare risposte alternative più funzionali. L’esposizione spesso viene associata a tecniche di rilassamento e di Imagery.