“Volevo il controllo totale su Barbara, come se fosse stata una parte di me,
Una mia protesi, e così ormai la consideravo. (…)
L’avrei portata alla morte certa per denutrizione, non importandomi più niente
Di nulla compresa la mia stessa vita. Lei mi dava quell’illusione di completezza,
Sia nel corpo che nella mente, tanto mi sentivo fuso con lei e nello stesso tempo
Regista onnipotente della situazione.”
Marco Mariolini
Ma quali sono le caratteristiche personologiche dell’offender e della vittima nelle diverse forme di maltrattamento psicologico?
Per quanto riguarda il profilo dell’offender è necessario far riferimento ai concetti di “perversione narcisistica” (Racaimier, 1992) e di “perversione relazione” (Pandolfi, 1999, Filippini, 2005).
Il narcisismo patologico può manifestarsi secondo Akhtar (1989) in due modalità:
Tipologia “overt”, dove il soggetto è molto soddisfatto di sé, esibizionistico, vanitoso, arrogante e bisognoso di protagonismo. Manipola a proprio vantaggio, seduce ed intimidisce. È poco attento agli stati d’animo degli altri, a cui è sostanzialmente indifferente: ha una “pelle dura”, che è come uno scudo che lo rende impermeabile agli altri, insensibile.
Tipologia “covert”, in cui il soggetto è inibito e schivo, evita di essere al centro dell’attenzione, ha difficoltà nelle relazioni. È molto sensibile e reattivo agli atteggiamenti degli altri, che considera perfetti, e prova spesso vergogna andando incontro a sentimenti cronici di inadeguatezza, impotenza e disperazione.
Ma come si collegano il termine e concetto di perversione a quelli di narcisismo?
Da un lato, il collegamento è presente in letteratura. Esso è proposto da Recamier (1992) che, in modo molto chiaro, fa riferimento alla patologia perversa non sessuale: “Non sessuale, ma morale, non erotica, ma narcisistica”. L’autore sostiene che il principale obiettivo dell’azione perversa è quello di calpestare la verità e di manipolare cose e persone ai propri fini, primo fra tutti l’evitamento di ogni conflitto interiore. D’altra parte, il perverso non può agire da solo, ha bisogno di un altro, di qualcuno cioè che entri in una specifica relazione con lui. In questo senso la perversione è davvero una patologia relazionale: non la si vede che nel rapporto con un altro, una vera e propria preda che il perverso soggioga e sfrutta a proprio vantaggio.
Il fenomeno della manipolazione psicologica rientra appieno nella descrizione sopra proposta: la finalità è minare qualsiasi certezza dell’altro per gestirlo a proprio piacimento. Non è necessario distruggere la vittima, l’importante è che essa sia a disposizione, che il partner ne abbia il controllo e che possa esercitare il potere su di lei. L’importante è disorientare l’altro, tenerlo costantemente sotto scacco.
A questo punto è lecito domandarsi: “si possono individuare e descrivere tipi di personalità femminile più inclini al maltrattamento?”
Se da una parte Marie-France Hirigoyen sostiene che non c’è specificità nella vittima, si possono evidenziare delle categorie maggiormente a rischio:
si tratta di donne che sono state già vittime di abusi, violenze o trascuratezza grave, che adottano il ruolo speculare a quello di chi diventa “abusante” perché è stato “abusato”: esse hanno un atteggiamento passivo, depresso, e continuano ad essere vittime.
Donne con un disturbo di personalità auto-frustrante o masochismo, che era possibile diagnosticare nel DSM-III fino al 1987, dove si presentava una persona che tendeva a sceglierne altre sempre fallimentari, respingente l’aiuto altrui e le opportunità piacevoli, caratterizzata da un forte senso di colpa di cui erano responsabili terzi e ponendosi costantemente nel ruolo di vittima. Ad oggi, nel DSM-V, si parla esclusivamente di “disturbo da masochismo sessuale” all’interno dei disturbi parafilici, anche se a mio avviso, il masochismo sia come tratto che, come disturbo di personalità, andrebbe collocato all’interno della costellazione narcisistica, e più in particolare del narcisismo cover.
Donne con un disturbo dipendente di personalità possono più facilmente di altre finire intrappolate in legami di maltrattamento proprio perché “spesso si legano ad altri non emotivamente disponibili e tendono a creare relazioni interpersonali nelle quali hanno il ruolo di chi si prende cura degli altri o li protegge. Si sentono indegne e prive di valore e hanno difficoltà nel riconoscere o esprimere la propria rabbia. Invece di farlo, diventano depresse, autocritiche e autopunitive.” (Vittorio Lingiardi,2005).
A conclusione di questo articolo, diventa nitida la difficoltà di rilevazione di queste forme subdole di violenza psicologica che si confondono tra litigi ed illusioni.
L’essenza di quanto esposto è racchiuso nelle parole espresse dalla dott.ssa Roberta Bruzzone all’incontro che si è tenuto a Pisa sul tema dei maltrattamenti in famiglia e del femminicidio il 13 aprile 2015:
“La donna è ancora considerata troppo spesso un oggetto di cui disfarsi nel momento in cui non soddisfa più le esigenze di possesso e controllo del proprio interlocutore. Questo stereotipo culturale è purtroppo ampiamente diffuso nel nostro Paese ed è assolutamente fondamentale continuare a parlare di queste tematiche senza tregua, perché è necessario sdoganare questi tipi di concetti, insegnare alle donne di qualunque età a tutelarsi e difendersi da ogni forma di sopruso, in particolare quello della violenza psicologica e del progressivo isolamento. Non ci sono classi sociali, né fasce d’età, tutte le donne sono a rischio in questo tipo di scenario e tutte devono essere sensibilizzate, unitamente agli uomini che sono gli altri protagonisti in queste situazioni. Le donne che sanno di essere in una relazione disfunzionale, ma non riescono ad allontanarsi dal proprio partner, sono bloccate dalla scarsa autostima, dall’incapacità di pensarsi capaci di prendere in mano le redini della propria vita e questo è l’esito di un lavoro di destrutturazione che viene operato dai malfattori, dove la collaborazione inconscia di queste donne porta ad un mantenimento della loro condizione di schiavitù morale, psicologica e fisica”.
Bibliografia e Sitografia
Akhtar S. (1989). Narcissistic Personality Disorder: descriptive features and differential diagnosis. Psychiatric Clinics of North America. 12, 3, 505-529.
DSM-V (2014). Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. Raffaello Cortina Editore.
Filippini R. (2017). Avventure e sventure del narcisismo. Volti, Maschere e Specchi nel dramma umano. Edizioni Giuseppe Laterza.
Filippini S. (2003). Narcisismo e Perversione Relazionale. Relazione letta ai seminari del Centro Psicoanalitico di Firenze Profili Clinici del narcisismo. Firenze, Convitto della Calza, 22/2/2003. Pubblicata nel sito internet: www.spi-firenze.it.
(2005). Relazioni Perverse. La Violenza psicologica nella coppia. FrancoAngeli.
Hirigoyen M.F. (1998). Molestie Morali. La violenza perversa nella famiglia e nel lavoro. Torino: Einaudi, 2000.
Kaplan L.J. (1992). Perversioni femminili. Raffaello Cortina: Milano.
Lingiardi V. (2005). Personalità dipendente e dipendenza relazionale. In Caretti V., La Barbera D. (a cura di), Le dipendenze patologiche. Milano: Cortina.
Mariolini Marco (2004). Il cacciatore di anoressiche. Gruppo Edicom.