Gaslighting

Gaslighting

Quel sadico piacere di distorcere la realtà.

Entrare “in relazione” è, come sosteneva A. Maslow (1954), uno tra i bisogni primari del genere umano, tant’è che egli lo colloca all’interno della sfera dei “bisogni di sicurezza”, considerando il contatto, la vicinanza con l’altro, come soddisfacente rispetto la nostra ricerca di “protezione”, ma al contempo, sviluppante una particolare forma di “dipendenza”.

A mio avviso, è proprio in questa collusione che si trova il nocciolo del fenomeno che andremo ad analizzare, poiché, quando si parla di “abuso psicologico”, è necessario considerare, non solo la figura dell’offender e della vittima, ma interrogarsi sulla posizione della relazione stessa rispetto ad un continuum che vede alle sue estremità, da una parte la “sicurezza” e dall’altra la “dipendenza”. È facile immaginare coma una relazione disfunzionale possa esser incastrata in dinamiche che cercano di soddisfare la necessità di protezione dell’uno e quella di controllo dipendente dell’altro.

È proprio su questo sfondo che si colloca il fenomeno del “Gaslighting”. Il nome trae origine da un film di Georg Cukor, Gaslight (1944), interpretato da Charles Bover e Ingrid Bergman, che narra la storia di una coppia in cui il marito, utilizzando diverse strategie, in particolare l’alterazione della luce delle lampade a gas della casa, spinge la moglie a dubitare di sé stessa e delle sue capacità di discernimento fino a condurla sull’orlo della pazzia.

Se i contesti in cui può rivelarsi il fenomeno sono anche lavorativi o amicali e non solo familiari, ciò che è assolutamente necessario è un contatto molto assiduo tra il manipolatore e la vittima, tale da non consentire a quest’ultima di difendersi, allontanarsi, o valutare l’infondatezza delle accuse a proprio carico.

Tale forma di abuso criminale si esplica in tre stadi principali, secondo gli effetti della vittima:

La fase dell’incredulità è caratterizzata dalla resistenza della vittima, che almeno inizialmente, non crede alle accuse che le vengono recriminate dal manipolatore. Ad esempio, se il gaslighter le chiede spiegazioni rispetto al fatto di lasciare sempre la porta d’ingresso aperta, la donna non considera realmente questa “dimenticanza”, rimane obiettiva e andrà a giustificare il possibile evento appellandosi ad eventuali spifferi o alla serratura rotta. Non mette in discussione il proprio operato.

La fase della difesa si presenta quando la vittima ha già subito un congruo numero di vessazioni del tipo citato e non è più sicura di sé come nel momento iniziale. Riprendendo l’esempio precedente, all’ennesima accusa del marito di lasciare la porta di ingresso aperta, la donna non rimane più incredula, ma inizia a difendersi, mettendo in dubbio se quello che ricorda è realmente quello che è accaduto.

La fase del convincimento coincide con uno stato depressivo della vittima ormai inerme, si affida totalmente al proprio maltrattante convinta di avere qualche disfunzione cerebrale che ostacoli le proprie prestazioni mentali. La donna può arrivare a chiedere scusa, a non uscire di casa senza il suo “salvatore”, certa ormai di non avere più il controllo né dei suoi gesti né della sua mente.

A questo punto l’obiettivo del gaslighter è stato raggiunto: ha il completo dominio sulla propria vittima, ormai totalmente dipendente.

È lecito domandarsi come si può arrivare a questo punto. Qual’è il comportamento del maltrattante prima che inizi l’attuazione del suo piano. Quali sono le dinamiche relazionali precoci che caratterizzano i due.
Senza entrare nelle specifiche personologiche, il tipico comportamento maltrattante messo in atto è una sistematica azione volta a usurare l’esistenza psico-fisica dell’Altro, di cui è possibile riconoscere alcune fasi:

In un primo momento, il gaslighter dovendo conquistare la fiducia della vittima, si presenta come un perfetto amante, attento, premuroso, cercando di convincerla giorno dopo giorno del forte sentimento che nutre nei suoi riguardi. In questa fase adulatoria possiamo riscontrare il passpourt in cui sarà possibile insinuare il “dubbio”, vista la forte credibilità che ormai si è conquistato rispetto alla donna stessa;

Successivamente, la fase adulatoria lascia il posto ad una graduale destrutturazione psicologica della vittima, dove inizialmente l’uomo si presenta dispiaciuto e preoccupato per quanto sta accadendo;

In un terzo momento, questa finta “compassione” viene seguita da un’aggressività verbale più o meno marcata, che porterà la vittima a mettersi completamente nelle mani del suo aguzzino, convinta ormai di aver perso totalmente il lume della ragione.

Proprio rispetto a quanto detto, è interessante delineare tre modi attraverso cui il gaslighter può attuare il suo piano, considerando però che questa tripartizione è per lo più didattica, poiché il comportamento messo in atto dall’offender passa da un tipo di “ruolo” ad un altro, in relazione a ciò che è “necessario” in quel momento.

Riconosciamo:
Il manipolatore adulante o affascinante: in questa, molto spesso, prima fase, il gaslighter cerca di conquistare la sua vittima attraverso una finta adorazione, riempiendola di complimenti e attenzioni, come a voler dire “nessuno è migliore di te”, ed in certo senso questo può esser vero se visto dalla sua prospettiva: “incarni esattamente ciò di cui ho bisogno”.

Il manipolatore bravo ragazzo: in questa “fase” diminuisce la tendenza adulatoria e il gaslighter si concentra per lo più nel presentarsi come “pulito”, di “buona famiglia”, intento a fare del bene, ad essere ottimista e ben pensante, ad essere positivo nelle sue azioni tutte a favore della vittima, tutte finalizzate ad aiutarla e incoraggiarla.

Il manipolatore autoritario: in questa “fase” vi è un’aggressione verbale della vittima attraverso rimproveri frequenti su mancanze che non si sono mai verificate in realtà, frutto esclusivo delle sue menzogne, o a causa di comportamenti inadeguati che egli stesso fa produrre alla vittima.

Una delle specialità dei gaslighters è bombardare la vittima di affermazioni false, ingiurie e malvagità per sfruttare poi, a loro piacimento, l’eventuale reazione infuocata che ogni vittima, alla fine, fatalmente avrà. Quando ciò accadrà, ogni sentimento della vittima sarà recriminato dal gaslighter, le sue reazioni passionali saranno vendute al miglior offerente come opera di una persona squilibrata, nate dal nulla e senza un perché.

Salvadori (2008) definisce il gaslighting “una violenza insidiosa, sottile, non se ne percepisce l’inizio, a volte è scusata dalla stessa vittima; non si tratta di una deflagrazione d’ira, che almeno è subito identificabile e magari oggetto di immediata risposta, anche legale. È una sottile lama di ghiaccio che s’insinua, molte volte, tra la tranquillità delle mura domestiche. È una violenza gratuita e persistente, reiterata quotidianamente, che ha la capacità di annullare la persona che ne è bersaglio. Si tratta di un vero e proprio lavaggio del cervello.”

Bibliografia e Sitografia

Filippini S. (2003). Narcisismo e Perversione Relazionale. Relazione letta ai seminari del Centro Psicoanalitico di Firenze Profili Clinici del narcisismo. Firenze, Convitto della Calza, 22/2/2003. Pubblicata nel sito internet: www.spi-firenze.it.

(2005). Relazioni Perverse. La Violenza psicologica nella coppia. FrancoAngeli.

Maslow A. H. (1987). Motivation and Personality. Pearson.

Melanini B. (2008). Un abuso che ruba la mente: Gaslighting. In Lattanzi, M., Collana di Scienze Psicologiche e Forensi. Roma: AIPC Editore 19-24.

Pandolfi A.M. (1999). Le perversioni relazionali nella coppia e nella famiglia. Presentato al Convegno Internazionale CeRP “Lo psicoanalista con e senza divano. Individui, famiglie, istituzioni tra psicosi e perversioni”. Verona, 12-13 novembre 1999.

Salvadori G. (2008). Il gaslighting: aspetti psicologici.